La denuncia di due associazioni del terzo settore: «Il governo intervenga o l’Italia rischia di perdere un’altra occasione per sostenere i diritti dei bambini e delle bambine»
Articolo tratto da: Il Corriere della Sera del 12/01/2023 LINK
Nuvole sempre più nere si addensano su uno dei capitoli di spesa più consistenti del Pnrr per la scuola: quello relativo all’apertura di nuovi nidi e scuole dell’infanzia. In ballo ci sono 4,6 miliardi di spesa destinati alla copertura di oltre 250 mila novi posti per bambini da zero a sei anni. Ad allarmare non sono più solo i ritardi burocratici su cui a dicembre è intervenuta la Corte dei Conti chiedendo al governo di accelerare. Il problema è che, anche qualora si riuscissero ad aprire i cantieri in tempo utile rispetto alle scadenze imposte dalla Commissione europea e i lavori andassero tutti a buon fine, c’è il rischio di inaugurare i nuovi asili senza avere gli educatori per farli funzionare. Quanti ne servirebbero? Almeno 32 mila in più di quelli che ci sono ora, secondo gli ultimi calcoli riportati da due associazioni del terzo settore sulla base di dati Istat. Peccato che già adesso gli educatori dei nidi siano merce rarissima, mentre a causa dei pensionamenti nei prossimi dieci anni è previsto un dimezzamento secco del personale delle scuole d’infanzia. Ecco perché – scrivono Alleanza per l’infanzia e EducAzioni in un documento rivolto al governo – «è urgente una programmazione articolata e congiunta tra Atenei, Amministrazioni regionali e Enti Locali affinché vengano formati educatrici/educatori e docenti in numero corrispondente al fabbisogno previsto nei vari territori». Altrimenti c’è il rischio che «l’Italia perda l’ennesima occasione per sostenere i diritti dei bambini e delle bambine».
Dal 2017 anche per accudire i bambini del nido è necessaria una laurea anche se solo triennale in Scienze dell’Educazione (mentre alle maestre della scuola materna e elementare è richiesta ormai da vent’anni la laurea magistrale in Scienze della formazione primaria). Ma il combinato disposto di un lavoro estremamente impegnativo e di riconoscimenti economici relativamente bassi ha fatto sì che il percorso di laurea per fare l’educatore di nido risultasse assai poco appetibile. «Le studentesse, quasi esclusivamente donne, che accedono al percorso formativo per educare nello 0-3 – si legge nel documento di Alleanza per l’Infanzia ed Educazioni – sono in numero relativamente basso rispetto al fabbisogno attuale e futuro. Spesso la scelta di queste facoltà è residuale, in quanto non si è avuto accesso a facoltà a numero chiuso come Scienze della formazione primaria o Scienze sanitarie (logopedia, fisioterapia, infermieristica/ostetricia), che potenzialmente sono maggiormente retribuite».
«Per incoraggiare i giovani a intraprendere questo percorso formativo – dicono Alleanza per l’Infanzia e Educazioni – occorre da un lato riconoscere maggiormente questa professione, dall’altro intervenire radicalmente sulla giungla contrattuale e le disparità sia di trattamento che caratterizza i rapporti di lavoro a seconda che si tratti di nidi a gestione pubblica, privata o di terzo settore». Per questo le due associazioni chiedono un incontro urgente con il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara «per affrontare le questioni legate alla attuazione del PNRR e alla formazione e reclutamento di educatori e insegnanti dei servizi per l’infanzia». Problema, quest’ultimo, noto da tempo nei piani alti del ministero visto che già prima dell’estate, quando era ancora all’opposizione, la sottosegretaria Paola Frassinetti aveva attaccato il governo Draghi proprio su questo punto: «L’ennesimo paradosso di un ministero a guida Bianchi è servito: grazie al Pnrr si costruiranno asili nido ma mancano gli educatori. Un po’ come comprare un’auto senza avere il conducente patentato».